Paziente con esiti di chirurgia discale
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Paziente di 60 anni, attivo, sportivo. Riferisce blocco acuto lombare con sciatalgia accaduto dopo partita a padel a fine dicembre.
Il 27 dicembre viene operato per asportazione grossa ernia discale L2-L3 con laminectomia e decompressione della radice di L2.
La cartella clinica riporta il particolare del “punto di sutura” sulla radice del nervo, reso necessario in quanto la stessa risultava fisicamente danneggiata dalla compressione.
Stato inizio trattamento
A due settimane dall’intervento il paziente appare in postura scorretta con bacino in retroversione e tratto lombare rettificato. Autonomo nei movimenti. Indossa lombostato come da prescrizione. Riferisce senso di intorpidimento con formicolio all’arto inferiore sinistro.
Esame obiettivo
Si riscontra evidente mancanza di elasticità della catena muscolare posteriore e marcata rigidità nei movimenti. Torace bloccato in inspirazione e atteggiamento curvo delle spalle, probabilmente precedente all’evento per cui è in cura, visto il lavoro “di scrivania” svolto da una vita. Si scopre una pregressa situazione di alluce rigido bilaterale con conseguente rigidità di tutta la fascia plantare per cui il paziente adotta un plantare già da diversi mesi.
Prescrizione
Il chirurgo ha prescritto della fisioterapia dettagliata:
- ricondizionamento alla posizione seduta
- rieducazione motoria ai corretti passaggi posturali
- training deambulazione e esecuzione delle scale con lombostato
- ergonomia della colonna lombare
- rinforzo anche isometrico degli arti inferiori
- esercizi di respirazione diaframmatica
- massoterapia linfodrenante arti inferiori
Il tutto nel massimo rispetto della soglia del dolore.
Trattamento
Già dalla prima seduta il paziente è molto collaborante, fin troppo attivo nella smania di tornare presto alla normalità. Di fatto arriva che già è tornato a lavorare alla sua scrivania un paio di ore al giorno. Evita l’uso dell’automobile e arriva studio a piedi (circa 1 km di camminata).
Non sembra necessario il linfodrenaggio consigliato e ci si concentra sul lavoro di recupero della mobilità del bacino con esercizi di anti-retroversione abbinati alla respirazione che deve recuperare anche un ritmo più lento. Anche il trofismo delle gambe non sembra aver subito troppo il periodo di sofferenza ma si lavora comunque con esercizi di rinforzo e propriocezione per migliorare lo schema del passo. Massaggio connettivale dell’arto parestesico e mobilizzazione del piede rigido concludono la seduta.
Dopo qualche seduta l’unico sintomo ancora lamentato è una rigidità sacrale (più in basso rispetto alla zona operata) per la quale si insiste con esercizi di mobilità e si inizia a lavorare con la massoterapia anche i muscoli che interessano la zona. Si inizia a lavorare anche con l’ausilio di Pancafit® per gli allungamenti.
Conclusioni
Il paziente è soddisfatto del trattamento, supportato anche dal parere positivo dello staff chirurgico dopo la visita di controllo a un mese dall’intervento.
Tiziana Bini, Dott.ssa in Fisioterapia