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Ortesi Plantari

plantari per chi corre

La tecnologia di costruzione delle scarpe ha lo scopo di migliorare l’appoggio dei piedi durante la corsa ed alleviare sintomi di patologie anche a carico di articolazioni più alte.

Esistono  scarpe che tenderebbero a correggere la pronazione o la supinazione del piede attraverso opportuni supporti e rinforzi ma c’è da considerare il fatto che questi agiscono esclusivamente sul retropiede e che quindi risultano essere inutili in quella seppur bassa percentuale di atleti che corrono con appoggio di punta.

Si può invece optare per un ortesi da aggiungere alla scarpa da running.

Tre i tipi di ortesi cui si può ricorrere:

1. i classici plantari che opportunamente sagomati forniscono un sostegno meccanico  al piede per allineare le articolazioni e bilanciare il carico durante la corsa. Di norma sono progettate su misura;

2. solette ammortizzanti, quasi mai costruite su misura, sono realizzate in materiali che alleggeriscono il carico nei punti di maggior pressione;

3. solette propriocettive,  sono provviste di spessori di piccolo valore che stimolano il piede in punti ben precisi: la correzione avviene ad opera dei riflessi di risposta del SNC. Necessariamente costruiti su misura affinché lo stimolo sia il  più preciso possibile. Alcuni tipi sono anche provisti di un piccolo generatore di campi elettromagnetici.

La scelta di uno o dell’altro ausilio per un runner è imprescindibile dallo studio del gesto atletico e da alcune valutazioni.

Il classico plantare innanzitutto deve essere costruito in materiale leggero per non influenzare la prestazione della corsa,  ma essere comunque solido da sostenere il piede dove ne ha più bisogno.

Diversi studi sulle solette ammortizzanti proverebbero che la maggior ammortizzazione che si ha  a vantaggio delle articolazioni del piede andrebbe a scarico delle altre articolazioni dell’arto e del rachide; ne consegue che il loro utilizzo va valutato caso per caso e non può essere una prescrizione generica e casuale.

Il ricorso alle solette propriocettive è imprescindibile da una valutazione posturale del paziente in quanto provocano cambiamenti di assetto anche quando non vengono indossate.

La valutazione del soggetto prevede quindi un analisi in statica e una in dinamica.

La valutazione statica altro non è che un esame posturale del soggetto in cui, oltre all’allineamento dell’avampiede rispetto al retropiede e di quest’ultimo rispetto a tutto l’arto, deve essere valutato l’assetto del bacino e delle curve rachidee nonché eventuali asimmetrie tra emicorpo destro e sinistro.

uomo vetruviano

Fig.1 Uomo vetruviano di Leonardo Da Vinci, rappresentante le proporzioni ideali del corpo umano.

La valutazione dinamica prevede la scomposizione del gesto della corsa in 4 sottomovimenti fondamentali e la loro osservazione.  Le due fasi principali della corsa infatti, ovverosia la  fase di apoggio e la fase di volo, possono essere a loro volta scomposte rispettivamente in ammortizzazione e spinta la prima; oscillazione e recupero la seconda.

Si osserva quindi:

1. il paziente in  squat monopodalico in flessione del ginocchio dell’altro arto, (come in ammortizzazione);

2.  l’estensione dell’anca per valutare  la forza del grande gluteo e la lunghezza dei flessori dell’anca, (come in fase di spinta);

3. il paziente  su un arto mentre porta l’altro avanti; si cerca di valutare l’equilibrio, l’estensione, la stabilità del bacino e la lunghezza degli ischiocrurali, ( come durante l’oscillazione);

4. il paziente che  flette il ginocchio cercando di portare il piede al gluteo, prima lentamente e poi più velocemente, (come in recupero);

 Tiziana Bini, Dott.ssa in Fisioterapia